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A Nord del mondo
Dopo mesi, e in seguito alla decisione di riversare su
web alcuni ricordi di viaggio, ho riaperto le pagine del diario che
ho tenuto dal 1 al 14 di Ottobre 2001 nel villaggio di Kulusuk in Groenlandia.
Rileggendo queste pagine avverto il senso di una profonda
nostalgia e commozione che provo, certo, ogni qualvolta mi capita di
ripensare a quell' isola lontana o di rievocarne la memoria con qualche
altro viaggiatore di ritorno. Ma rivive in modo del tutto particolare
un sentimento di nostalgia per me stesso, cosi' come mi vedo trasparire
in quelle descrizioni colme di infantile stupore.
Io mi auguro soltanto, e con tutto me stesso, che questi
Dei distratti abbiano a ricordarsi dell' antico nome di Kulusuk e ne
preservino per sempre I dolci figli dalle insidie della malinconia e
concedano loro per sempre di poter sognare in pace tra gli icebergs
dorati.

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La Montagna
(2 Ottobre 2001)
Ieri ho toccato la cima del monte Kulusuk, che gli Inuit
pero' chiamano con un altro nome.
Giornata meravigliosa di sole, la luce e' cosi' differente per l' inclinazione
del sole.
Anche Il giorno prima avevo tentato di raggiungerla ma da solo e in
condizioni meteo completamente diverse.
Man mano che arrancavo faticosamente lungo Il declivio nordoccidentale
tutto sassi, mi invadeva una strana sensazione provata solitamente durante
gli stadi prefebbrili, quando vampate di piacevole calore si diffondono
tra le fibre e lasciano al loro ritrarsi come una risacca di gelo e
brividi.
Iniziavo ad avere paura di questa sensazione che non si accordava col
mio stato fisiologico e non sapevo assolutamente a cosa imputare. Tutto
era grigio e minaccioso intorno a me,in alto cadeva la neve e all' improvviso
mi sono accorto che due grossi corvi, poi Quattro hanno preso a volteggiarmi
insistentemente d' intorno.Feci caso che uno aveva nel becco un candido
pezzo di neve.
" Corvi di Wotan", pensai, " cosa volete annunciarmi?"
Da quelli usciva solo stridere roco di versi che si perdevano nel vasto
silenzio che precede un' abbondante nevicata.
Continuavo a inerpicarmi lungo il "sentiero", continuando
a scivolare di tanto in tanto sulle lastre scure e instabili e mi sentivo
vieppiu' intorpidito, floscio, e ormai iniziavo a percepire la presenza
di una vita remota e inaccessibile, li' presente, che mi stava osservando.
Tutta la montagna sembrava la fucina di uno stregone all' opera, sentivo
nitidamente rumori sordid provenire da ogni parte, come un cozzare di
pentole e pietre, ma per quanto mi sforzassi non mi riusciva di scorgere
alcuna pietra rotolare. Cosi' che tutto cio' sembrava essere l' effetto
del passeggiare tra le rocce di una qualche invisibile entita'.
Iniziavo a preoccuparmi seriamente per l' inspiegabile penuria di forze
e quasi ad aver paura per il vibrare di quel silenzio e per quei corvi
inesorabili, per quei rumori prodotti dalle pietre invisibili.Decisi
cosi' di non spingermi fin sulla vetta, con la scusa che questa era
del tutto immersa tra le nubi e avrei rischiato facilmente di perdermi
e che inoltre, sulla cresta, la neve avrebbe potuto essere ghiacciata
e,cercando di radunare la necessaria energia e attenzione, voltai decisamente
le spalle alla cima per ritornare al sicuro della valle.

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La pace
( 4 Ottobre)
Il sole inonda di vivida luce gialla I sentieri del villaggio,
tutto brilla di ocra. Nei viottoli all' ombra il gelo della notte ancora
scintilla nelle sottili liste di ghiaccio.Sono in casa, al caldo,il
sole si profonda dalle finestre spalancate al radioso mattino. La radio
Inuit diffonde in tutta la casa inediti motivi epico-country mentre
allungo le gambe sul vecchio divano sorseggiando caffe' nero.
E' mezzogiorno, tutti si lasciano andare all' ozio operoso di attivita'
senza scopo: c' e' chi affila un coltello che mai dovra' usare, chi
armeggia con un fucile arrugginito trovato tra I rifiuti, chi legge
divertito parole in lingua Inuit, chi commenta ironicamente la musica
della stazione radio.
Qualcuno propone una passeggiata. Io credo che andro' a leggere un libro
fuori.Ci sono grossi icebergs che risplendono tra l' azzurro del cielo
e del mare, oggi.
Dopo una settimana
( 7 Ottobre)
Oggi e' il 7 Ottobre.
Da ieri I miei compagni hanno lasciato Kulusuk per far ritorno a Reykjavik.
Avrei dovuto tornare con loro, naturalmente, ma una conversazione percepita
tra le nebbie di un " sonno briaco" mi avverte della possibilita',
per la persona che lo avesse desiderato, di restare ancora nel villaggio.(
) cosi' ho deciso di lasciare partire gli altri e di rimandare
la mia partenza, anche se, devo confessare, non ero del tutto persuaso
di questa mia deliberazione, su cui peraltro gravava l' ombra di una
sbornia non del tutto smaltita. L' idea di rimanere nel villaggio da
solo, e per un tempo non meglio precisato, a tratti mi faceva trasalire,
e quando ho visto allontanarsi e infine scomparire la sagoma degli ultimi
compagni sul sentiero per l'aeroporto, mi sono sentito come smarrito
e ho imprecato contro I party di addio inuit e in genere contro tutte
quelle tipiche usanze che producono rimorsi una volta riacquisita la
coscienza.
Ma in questo caso il fato e' stato clemente e mi ha condotto come inattese
ospiti due ragazze, Christine, dalla Germania, e Armi, dalla Finlandia.
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Uno sguardo indietro
( 8 Ottobre)
E' molto strano come si sia affievolito e confuso il
senso del tempo.Riguardando le precedenti pagine di questo " diario"
ho scoperto che esattamente e' trascorsa una settimana dal primo mio
tentativo di ascensione alla cima del monte Kulusuk.Quando oggi per
la terza volta, e in compagnia della sola ragazza finlandese, siamo
arrivati nuovamente in cima in una giornata bella, traboccante oro,
mi sembrava esservi stato soltanto il giorno prima! Questa terra respira
e trasmette eternita' vivente. Le rocce, I muschi, le acque, tutto internamente
riverbera di una vita remota e presente.
Come mai non ho piu' sentito quei sordi rumori provenienti dalla montagna,
quando la scalai tra le nebbie il primo giorno, la scorsa Domenica dopo
la Messa?
Il giorno successivo, ricordo, riprovando la facile ascesa con gli altri,
c' era il sole, come oggi, e proprio come oggi nessun cupo smuoversi
di rocce, nessun tetro corvo volteggiante sulla mia testa! Tutto, apparentemente,
risplendeva di pace. Ho visto una pernice, bianca come la neve che ricopre
il tratto sommitale e che si fonde nell' oro dell' Oceano.
Pace, si, ma non quella pace morta che ristagna in certi paesaggi anche
alpini, consumati dall' esposizione a sguardi avidi e ottusi di gitanti
volgari.
Qui risiede una pace vera perche' viva, assisa sul trono tetragono degli
Elementi, vergine.
Si offiva nudo al mio occhio questo mondo e pure se sotto il sole miracoloso
appariva quieto, regale, maestoso, quegli specchi di acqua purissima
e immota dietro le quinte dei monti suscitavano strane renitenze: al
primo sguardo beavano la vista, poi, per le via arcane di qualche senso
sepolto, avanzava la pressante premura di non indugiare piu' tempo li'
davanti.(
) Mentre salivo oggi, ho notato le tracce lasciate dai
miei scarponi la volta scorsa, e pure quelle dei compagni ormai lontani.
Tracce ormai quasi cancellate dal vento e dal gelo.
Eppure sembrava che fossi passato di qui appena ieri, mentre la partenza
dei compagni sembra situarsi molto tempo addietro.
(
) In questo momento sono stanco, e un poco confuso
direi.
L' atmosfera nel villaggio mi sembra differente, la gente distante,
diffidente.Cosi' diversa da qualche giorno fa! Non ho piu' notizie del
mio mondo, della mia famiglia, degli amici da piu' di una settimana.
(
)
Come quelle orme sbiadite nella neve prima tentavo di inseguire I ricordi
come per ristabilire una relazione col mio passato, per ribadire una
identita', un' appartenenza che qui mi sembra sfibrarsi giorno dopo
giorno, o forse, non saprei, scomporsi e rimateriarsi, disperdersi e
fissarsi in ogni frammento di roccia.
Sono lontano, separato da tutti.
Mi chiedo cosa stiano facendo, tutti, mentre ora stendo queste righe
in questa casa blu, mentre una ragazza tedesca davanti a me cerca di
fermare a sua volta le impressioni della giornata appena trascorsa.
A un tratto un pensiero mi avverte: l ' idea di un' Aurora Borealis
si fa avanti e interrompo lo scrivere.Propongo di uscire, le ragazze
mi seguono. Nel cielo sopra di noi ecco estatica danzare la Luce del
Nord!
(
)
Mi chiedo altresi' come mai durante tutto questo tempo mai ho preso
l' iniziativa di uscire di notte, all' imbrunire. Perche' ci rintaniamo
tutti al sicuro, confortevole tepore della casa? Non e' una netta sensazione
qui ad agire
non si tratta di una vera paura, ne' di angoscia,
no. Anche qui e' come un incerto presagio, come l' indice di un magnetismo
ignoto. Come quello che a tratti brilla nel fondo degli occhi di questi
Inuit, che ora sembrano cosi' freddi, persino I bambini che fino all'
altro ieri ci pregavano di inseguirli! Pensavo di aver risolto l' enigma
antropologico classificando questa gente come " amichevole",
come da guida turistica.In seguito vi ho aggiunto l' avvertenza: "alcoolizzata".
Ma mi accorgo di non saperne nulla in realta' e questa incertezza aumenta
il senso di disagio che provo. Unitamente alla percezione sempre piu'
distinguibile di trovarmi al cospetto di un tutto che mi e' complessivamente
oscuro, lontano, ma che pero' per qualche via e' comunque con me in
relazione.
Insomma, non avrei mai immaginato di incontrare uno sguardo inuit, e
il fatto che questo accada dovra' pur produrre un certo effetto, perche'
e' vita che sgorga da uno sguardo e trapassa in un altro.
Quella che provo a tratti e' una specie di paura.
Non e' angoscia.
E credo che non mettero' il becco fuori dall' uscio neppure stanotte.
E' mezzanotte in punto e, che ci crediate o no, tutti I cani del villaggio,
insieme, hanno incominciato a latrare.

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Al Crepuscolo
10 Ottobre, sera
Correvo, correvo nella neve, il sole ancora oggi risplendeva,
era freddo e ho preso dapprima a grandi passi la via scoscesa e, da
li' precipitando, scivolando -mi fermavo a tratti a bearmi di quell'
aria piu' ricca e buona della piu' pura e buona delle sorgenti alpine-
e insufflavo e bevevo silenzio e aria al tramonto dorato, tra le rocce
lambite dagli scuri specchi che il sole non puo' penetrare.
E dietro I silenti castelli di ghiaccio sospesi nell' azzurro del mare
ad accogliere il disco scintillante e l' aria imbruniva quando, a un
tratto, in una baia infrattata, un vecchio legno ritto tra I sassi ho
scorto, cosi' che ho dovuto per un attimo arrestare la mia corsa e li'
fermo ho contemplato il vecchio arbusto rinsecchito che menava la sua
ombra ricurva sulla dura roccia al crepuscolo e ho pensato: Ecco di
te cosa rimane, questa non e' opera della Natura certamente, ma qui
un uomo ha voluto significare qualcosa, sicche' non posso andarmene
da questo posto senza aver lasciato un pensiero a questo vecchio ramo
issato come l' asta di una bandiera davanti all' oceano smisurato e
rivolgere all' ombra sua fugace e perentoria l' accorato encomio che
si deve a chi fedele al suo signore resta nella buona e nella cattiva
sorte.
E l' ombra che segui' I nostri passi da vivi veglia sulle nostre ossa
ormai immote.

Links
[]www.heritage.nf.ca/aboriginal/inuit.html
[]www.arctictravel.com/chapters/incultpage.html
[]www.qikiqtani.nu.ca
[]www.visitgreenland.com
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